Intervista a cura di Nicola Salerno
Cifarelli insieme a Marcello Chiricallo nel 1986. |
Questa settimana torniamo a parlare con un nostro ex, Aldo Cifarelli, difensore materano alla “Chiellini”, grande aggressività e capacità di anticipo, al Matera per cinque anni con una prima apparizione nel 1986-87 e poi dal 1989 al 1993.
Aldo, domanda d'obbligo per un materano: cosa significa giocare per la squadra della propria città?
Come per tutti, è stato un motivo di orgoglio, onore e tanto impegno: nessuno infatti è profeta in patria e quindi l'impegno doveva essere raddoppiato altrimenti i primi ad essere criticati eravamo noi locali. Devo dire che, pur essendo così un po' ovunque, tuttavia oggi che vivo a Modena vedo che qui sono più “patriottici”; l'unico locale in squadra è sempre incoraggiato, mentre ricordo che materani come me, Innella, Tataranni dovevamo metterci anima e cuore altrimenti al primo sbaglio i nostri tifosi ci beccavano. All'epoca c'erano altri giovani materani molto validi che avrebbero potuto fare una miglior carriera, ma troppo spesso si è preferito scegliere chi veniva da fuori.
Ci racconti i tuoi esordi calcistici prima di debuttare in prima squadra nel Matera?
Io provengo dal vivaio della Pro Matera. Debuttai con i rossoneri in Promozione lucana nel 1983 quando non ero ancora sedicenne, insieme a Paolo Adorisio che era due anni più grande di me e Franco Mancini un anno più piccolo; giocammo le ultime partite del campionato e contribuimmo alla salvezza della squadra, ottenendo un grande risultato pur giocando contro gente del mestiere, trentenni che bazzicavano i terreni di gioco del massimo campionato regionale. Dato che riuscimmo a metterci in bella mostra, l'anno successivo insieme a Mancini e Cuscianna facemmo un provino per il Bari: ci esaminò Beppe Materazzi e fui preso io, che andai a giocare prima negli Allievi e poi nella Primavera del Bari, club con un settore giovanile di ottimo livello. Arrivò poi il militare, che non svolsi nella Compagnia atleti ma nei Vigili del Fuoco, per cui rientrai a Matera e fui preso dal Matera nel 1986, ultimo anno di gestione del senatore Salerno.
Così avviene il tuo esordio tra i professionisti e inizia la tua avventura in biancazzurro. Cosa ci racconti di quegli anni?
Cifarelli dopo il ritorno al Matera nel 1989. Tra i suoi compagni vi sono Magliocca e Catacchio e si intravede Filidoro. |
Purtroppo a malincuore devo dire che il calcio ed il Matera mi hanno riservato più dolori che gioie. Nel 1986-87 in serie C2 avevamo una buona squadra molto giovane, ma errori tecnici e di gestione portarono alla retrocessione, che arrivò proprio all'ultima giornata a pari punti con il Galatina. Nella gara decisiva, io e Renato Angelè eravamo infortunati e subimmo due gol in pochi minuti dalla capolista Vis Pesaro: la gara terminò 3-2 per loro ed il Galatina, pareggiando a Giulianova dove iniziarono la partita con mezz'ora di ritardo proprio per aspettare il risultato di Matera, ci raggiunse e si salvò per la classifica avulsa. Quell'anno giocammo senza stipendi perchè ormai la società non esisteva più, e l'anno successivo passai al Trani. Tataranni e Innella, che avevano inizialmente seguito il diesse Nicola Salerno a Ravenna, poi fecero ritorno a casa e tutti insieme andammo a Trani, dove vincemmo il campionato Interregionale e lo Scudetto Dilettanti. Per me era il momento migliore della mia carriera; dopo cinque provini a Roma al campo della Lodigiani, fui convocato infatti in Nazionale Dilettanti (l'altro calciatore del girone pugliese oltre a me fu Insanguine), e con gli azzurri andai a giocare in Grecia. A Trani ebbi poi qualche problema con l'allenatore e l'anno successivo mi trasferii a Molfetta, dove avevamo una squadra molto forte, che arrivò terza in campionato ed in finale di coppa Italia Dilettanti.
Dopo le due parentesi pugliesi, il ritorno a Matera.
Il ritorno in C2 al XXI Settembre in un derby del 1991 insieme a Iacovone e Bisci. |
Nel 1989 giocai i primi tre mesi ancora a Molfetta, poi ci fu lo scambio tra me e Caldarola, che giocava nel Matera, ed entrambi tornammo nelle nostre rispettive città. Anche in questo caso, a malincuore dico che fu una scelta sbagliata: presi molto meno di quanto mi era stato promesso, la società era di nuovo senza soldi, e persino i premi partita li metteva in palio il mister Aldo Raimondi, con cui ho avuto un gran bel rapporto ed al quale sono molto legato. Quello fu un anno intermedio, l'anno seguente arrivarono Salerno e Marinaro in società e Pasquino in panchina. Come a Trani tre anni prima, vincemmo campionato Interregionale e Scudetto Dilettanti, anche se per me fu una stagione piuttosto sfortunata: partii titolare e giocai sempre fino all'inizio del girone di ritorno. Prima dello scontro diretto con il Pisticci ebbi un grave problema di intossicazione da medicinali che mi tenne lontano dal campo per ben quattro mesi. Tornai in campo a Rende all'ultima di campionato e poi scesi in campo da titolare a Gangi nella gara di ritorno dello spareggio promozione. Quell'occasione significava il mio ritorno alla vita calcistica; rientrare da titolare dopo una malattia che aveva messo a rischio la mia vita, per difendere il 2-0 dell'andata in un'autentica battaglia, dove ad esempio Paolo Adorisio al primo contrasto si ruppe la testa, era quasi una rinascita. Difendemmo a denti stretti lo 0-0 e festeggiammo la promozione in C2, ma il giorno dopo fu grande la mia delusione quando scoprii su tutti i giornali che per una svista dovuta forse a motivi di pretattica iniziale il mio nome nella formazione titolare non figurava in nessun tabellino. Restai a Matera, tornando tra i professionisti per altri due anni in C2, poi ebbi una lesione ai legamenti del ginocchio e fui mollato dalla società. Provarono a chiamarmi Iannella a Lamezia ed anche la Juve Stabia, ma mi stavo curando da solo e non ce la feci a riprendere in tempi brevi, e nel 1993 a soli 26 anni ho lasciato il calcio giocato. Mi aiutò a risollevarmi Nino Crapulli, a cui sono molto grato, che oltre ad aiutarmi in quei primi tempi nel lavoro mi fece tornare a giocare, una volta ripreso dall'infortunio, nella squadra di calcio a 5 che militava in serie B: fu una gran bella esperienza, da difensore segnai 15 gol in 16 partite, poi ho vinto un concorso e mi sono trasferito per lavoro a Modena.
Quali sono le tue considerazioni finali sulla tua esperienza calcistica e sul calcio in generale?
Nonostante le varie vicissitudini ho avuto tante belle soddisfazioni, anche se con un pizzico di fortuna in più avrei potuto avere una carriera più brillante; il nostro grande capitano Mimmo Tanzi mi diceva che anche al 50% riuscivo a giocarmela alla pari degli avversari. Credo che molte piccole realtà, specialmente al sud, potrebbero durare per anni a buoni livelli investendo sui vivai e facendo una seria programmazione. Invece la storia calcistica degli ultimi decenni ci mostra tante meteore e tante gloriose società fallite e ripartite da zero: eppure ci sono altri esempi magnifici di piccole realtà che hanno raggiunto grandi risultati senza svenarsi, grazie proprio alla sana programmazione ed ai vivai.